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Tadic e Ratzinger: due mediocrità della stessa medaglia

ratzingertadićOggi è pasqua, una festa cattolica festeggiata quest’anno nello stesso giorno da cristiani ed ortodossi.

Di tanto in tanto succede quando i calendari temporali si sincronizzano.

Oggi dovrebbe essere una giornata di resurezione che, in poche parole, dovrebbe dare, ai nostri corpi, le ali dello spirito.
E sarebbe bello se così fosse ma non è.

Non lo è per tante, troppe ragioni e per il fatto che le religioni sono più che altro un rituale consumistico e festivaliere. Non lo sono anche perchè chi dovrebbe essere guida spirituale ha fatto dello spirito un ammasso irriconoscibile dove manca l’amore.

Le settimane passate sono state tutte un susseguirsi di accuse, smentite e accesse difese sia per tadic che per ratzinger. Il primo a rincorrere la dichiarazione su srebrenica il secondo a difendere le ragioni della chiesa sugli scandali di pedofilia. In entrambi casi un delitto di omissione. Un modo sottile, avvocatesco e raffinato di negare, ostruire, bloccare.

E dunque in questa domenica di resurrezione ecco tadic e ratzinger, due leader, due capi di stato che hanno dimenticato la loro ragion d’essere ed hanno sprecata una occasione, LA GRANDE occasione di essere guide spirituali dei propri popoli.

Il primo si è attardato a ricamare una dichiarazione che potesse essere votata dal partito guida degli anni novanta, suo alleato al governo. Una dichiarazione che fosse accettabile agli artefici del disastro della serbia ed ha lasciato agonizzare il popolo della serbia nella solita pantomima del “chi ha più morti”.

tadic si è mostrato in una luce di mediocrità da cui difficilmente potrà riscattarsi. Lui che dovrebbe essere la guida della serbia ha dimenticato proprio la serbia, proprio quella gente che avrebbe dovuto e potuto riscattare, per impantanare nuovamente tutte/i noi nelle reti dei vari milo, dodik, … e via discorrendo.

Quello che poteva essere non è stato! Ed il punto non è tanto l’uso o non uso della parola tabù “genocidio” quanto quello dell’avere tradito la propria missione. Schiavo del pensiero dualista della nostra società ha manovrato con un predeterminato e limitato numero di parole mostrando che il coraggio è una funzione direttamente proporzionale della visione politica e quella di tadic è definitivamente ancorata ad un opportunismo diplomatico di medio livello che vende e compra indulgenze nel mercato temporale dell’arena politica.

tadic vuole aprire la porta dell’europa alla serbia ma lo fa evitando il confronto con i veri poteri. Le settimane di aggiramento e omissione che hanno preceduto il voto notturno sono stata la prova di questo utilitarismo senza etica. La dichiarazione su srebrenica doveva essere di riconoscimento e condanna del crimine avvenuto ma, ancora di più, avrebbe dovuto e potuto essere di liberazione per la gente della serbia, avrebbe dovuto e potuto fare la differenza fra chi ha ordinato, comandato e goduto e la gente, il popolo.

La dichiarazione avrebbe potuto utilizzare srebrenica per una condanna di quanto fatto in nome del popolo serbo e non da i/le serbe/i ma da alcuni serbi, persone specifiche che hanno utilizzato quanto di simbolico ha un popolo e quanto può offire la gestione propogandistica dei mass-media.

tadic ha fallito, ha mancata la prova, ha taciuto la colpa delle elite politica degli anni ’90. Ha glissato sulla responsabilita di chi siede nella stanza dei bottoni, ammassando corpi vivi serbi contro gli spettri di srebrenica. Sarebbe potuto divenire la guida spirituale del suo popolo e della fatica di mettere insieme simbolico e storia, è rimasto invece un mediocre politico, un capo di stato che ragiona per centimetri e grammi di concessioni, riconoscimenti e negazioni.

Ed è in questo suo fallimento che si incontra con ratzinger, il papa dei/delle cristiani/e, che ha mancato, a sua volta, il proprio ruolo e, da guida etica, spirituale, si è mostrato per quello che è, il governante di uno stato temporale occupato ad evitare incriminazioni in virtù dell’extraterritorialità, dell’immunità e via discorrendo. Una difesa degna della migliore tradizione diplomatica necessaria ai capi di stato per assicurasi l’immunità terrena.

Ed ecco sua pontificenza stare a disquisire e cavillare sul fatto che sapesse non sapesse e quanto sapesse. Sul fatto di quanto o come abbia ostruito. Un fallimento vergognoso per chi ha, come suo mandato, di ispirare e proteggere i/le più deboli. Ratzinger, il pontefice ha ricordato i borgia ed i papi delle indulgenze con il suo scentifico spostare da un luogo all’altro i preti pedofili creando una distanza fra le vittime passate e quelle future.

Pedofilia in italia, in francia, negli stati uniti in irlanda in germania, in messico … dovunque nella chiesa. Un male conosciuto e negato e, papa ratzinger, invece di inginocchiarsi davanti alle vittime, invece di dire “ho tradito la mia missione di servitore degli/delle ultimi e degli/delle umili” invece di rimettere il proprio mandato temporale, invece della denuncia più ampia, sguinzaglia il meglio dell’avvocatura pontificia per difendere se stesso e lo stato dei preti.

Anni, decenni di governo della commissione pontificia significano giornate di lavoro dedicate a minimizzare, occultare. Significano una ricerca di formule e parole volte a prevenire la punibilità di chi ha commesso, non solo peccato, ma un crimine riconosciuto dalle leggi di tutti gli stati cattolici del mondo. E cosa fa sua pontificanza, ancora una volta minimizza, ancora una volta divide se stesso dai colpevoli senza riuscire a mettersi autenticamente dalla parte delle vittime. Non si apriranno gli archivi pontifici, non si racconterà tutto, non rimetterà sua pontificenza il mandatom ricevuto dagli uomini del clero, al popolo tutto della chiesa. Si barricherà invece a festeggiare la pasqua, a fingersi parola di dio.

Ed eccoli, oggi e nell’eternità della memoria terrena, nella storia, tadic e ratzinger accomunati dal fallimento. Un fallimento davanti alla storia dei propri popoli.

Il fallimento di chi non ha saputo o voluto cogliere l’occasione di usare le parole per dividere il bene dal male, per segnare la differeza fra i carnefici e le loro vittime.

tadic ha tradito la gente della serbia facendo loro credere che il disaccordo sulla dichiarazione di srebrenica riguardi la parola-tabù “genocidio”, respingendo ed occultando nell’ombra una parola-tabù ben più grave per la serbia, che è quella della condanna esplicita della classe politica serba degli anni ’90. Persone con nomi, cognomi e poteri che hanno reso la gente della serbia una massa appiattita ed imprigionata nell’immaginario collettivo-globale dei/delle cattivi. Una massa con cui fare scudo ai veri responsabili.

ratzinger ha tradito il popoli dei/delle fedeli. Ha mostrato il volto della chiesa che non è fede, ma religione preoccupata più delle sue gerarchie che della gente. Anzicchè rimettere il proprio mandato, anzicchè agire come il cristo della pasqua che prende su di sè le colpe di un clero corrotto e davanti alle vittime, dichiara la propria incapacità e colussione, ratzinger, abdicando al ruolo di guida spirituale, si è comportato come un qualunque mediocre capo di stato terreno ed è sceso in difesa d’ufficio dei suoi funzionari e questa volta il genere maschile è d’obbligo. Rilasciando per le vittime e la stampa dichiarazioni generiche di solidarietà e pentimento. Emettendo ed incassando la propria indulgenza in perfetto stile pontificio.

buona pasqua, dunque, delle occasioni perdute…

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