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Bosnia-Erzegovina, la povertà invisibile

08.03.2010 · Posted in margina/margine, politika/politica

La povertà della Bosnia si nasconde dentro gli appartamenti e le case di proprietà garantite dal sistema socialista, nell’agricoltura di sostentamento delle campagne e dietro il glamour di eventi mondani come il Sarajevo Film Festival. E’ una povertà strisciante che fa da contrasto ai cantieri edili delle principali città che sfornano centri commerciali brillanti e ricchi di ogni tipo di merce. Una povertà che si intuisce dagli autobus inter-cittadini che si rompono lungo la strada, da una moltitudine silenziosa di anziani che si lasciano morire.

Come riconoscere se un paese è povero o ricco? Nella lista DAC (Commissione per l’aiuto allo sviluppo), Commissione dell’OCSE che definisce i paesi destinatari di aiuti pubblici allo sviluppo (APS), la Bosnia è definita paese a basso-medio reddito insieme a Macedonia, Albania e Kosovo con un reddito annuale oscillante fra i 717-2839 euro equivalenti, mentre Serbia, Croazia e Montenegro sono definite ad alto-medio reddito. Come nelle migliori famiglie, i balcani rappresentano i parenti poveri, un ramo della grande famiglia Europa caduto in disgrazia ed in attesa di una riabilitazione morale e materiale.

In questo paese i/le povere sono più della metà e sopravvivono di lavori precari e di un’elemosina di stato pensata per creare dipendenza. Una forma di droga legale che in 15 anni di dopoguerra è riuscita a trasformare la popolazione della resistenza e della diversità in un popolo ombra che non sogna domani e vive consumandosi di nazionalismo e delle memorie sfocate di un passato di fratellanza celebrato durante le olimpiadi invernali dell’84.

Fra questo popolo in costante oscillazione tra la sopravvivenza di oggi e la povertà di domani ci sono circa 170mila bambini dichiaratamente e terribilmente poveri. Sono, prevalentemente, i figli e le figlie della popolazione di sfollati generati dalla guerra ’92-’95 e rom. All’interno di questi gruppi, in una spirale di ingiustizia e discriminazione, che si appoggia su una tradizione patriarcale, le bambine pagano prezzi di esclusione più alti dei loro coetanii maschi.

La Bosnia Erzegovina, per chi la attraversa, è un paese ricco di calore umano, di buona rakjia (brandy di prugna), cevapi, agnello e maialino allo spiedo e di immancabili pite. Un paese che ha nella domaća kafa (caffè turco) il suo rito principe di accoglienza, che richiede di essere sorseggiato lentamente mentre si parla del più e del meno. Un paese dove ogni città, villaggio, campagna ha la sua banda di cani randagi. Aquartierati nei vagoni abbandonati su un binario morto a Sarajevo o nella periferia di Trebinje, sono amici e nemici. Sfamati, coccolati ma anche braccati e tormentati a seconda della fortuna e dell’umore dato che i canili pubblici sono inesistenti e vengono sostituiti dalle pallottole di bonifica dei cacciatori.

Questo paese che splende per alcune notti all’anno sotto i riflettori internazionali di due o tre eventi vive come il resto d’europa di reality show che in maniera posticcia ricreano l’atmosfera della ex-SFRJ rinchiudendo star, starlette ed illustri sconosciute/i nei format dell’isola dei famosi, la fattoria, il grande fratello. Ed è allo specchio di questo surrogato di ex-paese che si forgiano i sogni dei e delle giovani, vite leggere, estrada, cocktail, droghe e stampa scandalistica al ritmo di un turbo folk pervasivo e onnipresente.

Questo paese che dal 1992 non sa di preciso quanti abitanti abbia, quanti siano espatriati, reintrati, morti e dispersi, che aspetta un censimento osteggiato dai partiti politici, ospita una pletora di esperti ed esperte internazionali addette alla sua bonifica, sviluppo e democrazia. Questa affascinante popolazione locale ed internazionale di ricche e ricchi, prigioniera di stipendi la cui media oscilla dai 1500 ai 4000 euro mensili, si impegna per una media di 8 ore al giorno, a diffondere costanti appelli alla popolazione ed a quante/i lavorano nel sociale affinché la giustizia trionfi, affinché la gente affolli le urne (quest’anno il 3 ottobre la Bosnia Erzegovina va alle urne per scegliere il governo dei prossimi 4 anni!), affinché si denunci la corruzione.

Questa affascinante popolazione è parte integrante del mito della Bosnia Erzegovina e della sua decandenza e corruzione. Stipendiati da fondi pubblici: bosniaco-erzegovesi, europei e resto del mondo, aspettano che la popolazione locale si riscuota dal torpore, rinunci all’elemosina di stato, all’indigenza e alla povertà e porti il paese in europa.

h-vale
(published on Unimondo http://www.unimondo.org/Notizie/Bosnia-Erzegovina-la-poverta-invisibile)

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